venerdì 29 giugno 2012

Dolce-acqua e vino


Siamo da poco tornati da Liguria, una fascia di terra compresa tra mare e monti  dove i colori,gli spazi e le tradizioni variano di chilometro in chilometro. Ricca di borghi medievali dove ciascuno custodisce la propria perla, la Liguria è una terra vera, una terra sincera anche quando i turisti affollano stradine diroccate, ristorantini a picco sul mare e piccoli bed & breakfast aggrappati alla montagna.

Oggi voglio spendere qualche riga sul primo degli splendidi borghi che abbiamo visitato su consiglio di un mio caro amico che pur non essendo mai stato nella “regione del pesto”, è sempre informatissimo sui luoghi più incantevoli e magici di tutta la nostra bell’Italia.


Tra i monti della Val Nervia, ai piedi del monte Rebuffao, si respira aria medievale. Il borgo di Dolceacqua è caratterizzato, in cima, dal castello della famiglia Doria e a valle, dal ponte a schiena d’asino che unisce la parte vecchia con quella più recente. Gli stretti vicoli salgono e scendono repentinamente, si intersecano e ogni tanto fanno capolino oltre le spesse mura della cittadina, quasi a prendere una boccata di respiro. Porte piccole e palazzi alti, finestre socchiuse, dentro alle stanze qualcuno parla, qualcuno mangia: si sente il tintinnare delle posate sui piatti; sedie di plastica bianca fuori dai portoncini d’ingresso ed alberghetti mignon che ricordano più la casa delle fate che un hotel. 


Questa è Dolceacqua, un tuffo nel passato. Un tuffo nel medioevo che per quanto ci sforziamo, per quanto i testi ci permettano di rivivere in qualche modo quel pezzo di storia, purtroppo, noi non riusciremo mai a capire davvero come si potesse costruire, come si potesse comunicare e trasportare, non riusciremo mai a godere della vita in quel passato tanto lontano quanto vicino, da permetterci di toccare pietre messe da chissà chi per formare un opera meravigliosamente ammirevole ed affascinante.



Come ho scritto prima ogni località della Liguria, come del resto, dell’Italia, possiede una sua “perla”, una sua caratteristica, una sua attrazione, un suo prodotto speciale, tuttavia la Liguria continua ad essere famosa solo per il suo pesto.

mercoledì 20 giugno 2012

Di spezie lontane, pagnottine al profumo di curry


Ogni settimana l’appuntamento è fisso. Farina e acqua diventano elementi essenziali per mantenere viva quello che unito ad altri ingredienti permette la lievitazione di pane, focacce, brioche, panettoni, ecc. Un processo chimico naturale, un mondo sempre nuovo e tutto da scoprire.


Ogni settimana, di sabato solitamente, la nostra cucina profuma di buono, profuma di casa, profuma di ricordi. Puntuali, i pensieri mi riportano alla vecchia bottega di paese, non so se avete presente, quelle tipiche dei piccoli borghi di campagna, quelle vere e genuine, quelle in cui il gestore va fiero del suo prodotto e non accetta un rifiuto quando ti propone di assaggiare qualcosa. Quando io e mia sorella eravamo piccole, mia madre ci mandava quasi ogni giorno “dal fornaio”, con la bicicletta pedalavamo sotto il sole cocente e ricordo, che l’entrare nel negozio era come accedere in un luogo magico, dove trovare refrigerio, persone buone, e ristoro.
Il profumo di pane, come un balsamo, aiuta a sciogliere i nodi, aiuta a ritrovare serenità.
Alle ultime pagnottine che ho fatto, ho voluto però, aggiungere una punta di terre lontane, per la precisione una nota di India, l’India delle spezie, l’India delle centinaia di varietà di masala, miscele penetranti e pungenti che gli inglesi hanno fatto conoscere al mondo col nome generico e impersonale di curry, senza tener conto della storia e delle tradizioni che ogni famiglia tramanda con la propria ed unica, ricetta.


martedì 19 giugno 2012

Sesam salad


In realtà quest’invitante insalata con l’oriente centra poco anche se gli hashi, le tipiche bacchettine giapponesi, sembrano non stonare affatto. L’idea, in effetti, è nata in occasione di una cena giapponese con un’amica: alla tempura-soba volevo abbinare un contorno e non avendo disponibilità di particolari prodotti nipponici ho mescolato l’Italia col Giappone. Una sorta di insalata fusion dove i colori e i gusti delle tipicità italiane, pomodori, parmigiano, mele e basilico,vengono confusi dai profumi del delicato condimento giapponese.

SESAM SALAD
Ingredienti per due persone
Insalata:
2 pomodori rossi e ben sodi
50g di Parmigiano
1 mela verde
alcune foglie di basilico fresco
succo di limone
Condimento giapponese per insalate:1 cucchiaio di zucchero
2 cucchiai di aceto di riso (o di mela se non ce l’avete)
¼ cucchiaino di sale
½ cucchiaio di olio di semi girasole (o di mais)
semi di sesamo per completare

lunedì 18 giugno 2012

È arrivata l’estateeeeeeeeee

Sììììììììììììììììì!
È arrivata l’ aestatem, letteralmente “caldo bruciante”.
Dicevano bene i latini, caldo bruciante, è arrivata la calda e torrida estate, quella che rende appiccicosa qualsiasi cosa, quella che ti rende insofferente, quella ti immerge nei ronzii irritanti delle zanzare, quella che rende le auto infernali ma anche quella che colora la vita, quella che porta le lucciole in campagna, che ti fa udire il batter d’ali delle cicale e il gracchiare delle rane;  quella che fa volteggiare farfalle e cuore, quella calda e densa di profumi, quella che odora di dolce e di fresco, quella che diffonde allegria, serenità, voglia di fare, di esplorare e di conoscere. Quella che ti fa pensare all’immensità della vita scrutando il cielo di notte, per cercare la stella polare, avvolta dalle forti braccia del tuo uomo mentre i grilli fanno da sottofondo a quella magica notte d’estate.
In estate ho vissuto le emozioni più grandi ed ho sempre sostenuto che non sia una semplice coincidenza, l’insieme di energie che noi e l’ambiente nel quale viviamo, sprigioniamo,è una potenza che  paragono ad un vulcano che aspetta ogni anno questo periodo per esplodere delle forze represse, accumulate durante l’anno.

In realtà manca ancora qualche giorno al solstizio d’estate ma  ho voluto comunque festeggiarne l’arrivo con una fresca crostata beneaugurante di frutta, profumata di viaggi, sole e vaniglia.


lunedì 11 giugno 2012

Quasi risotto. Kamut-TO al melone e cozze

Voi lo sapete come viene chiamata la preparazione simile al risotto dove il riso viene sostituito dal kamut?
Nelle zuppe, in insalata, bollito, ho letto svariate ricette con questo cereale ma nulla che si avvicinasse ad un risotto. Io lo chiamo “kamut-to”, lo so che non suona bene ma vi assicuro che il risultato è aquisito. I grandi chicchi del kamut assorbono il sapore dolce del melone che in contrapposizione al gusto marino e quindi salato delle cozze, trasmettono euforiche sensazioni in bocca e all’olfatto. Un piatto solare, decisamente estivo.
Il kamut. Si dice che l’abbia riscoperto, dopo circa 5000 anni, un aviatore americano esplorando una tomba egizia; successivamente consegnò i semi di kamut al padre di un amico che provò a seminarli. Verità o bugia? Questo non si sa ma immaginate lo stupore nel veder crescere nuove piantine da quei chicchi così remoti. Beh … questo cereale, somigliante al grano duro, lascio tutti basiti! Solo però verso gli anni ’70, con l’agronomo Bob Quinn, la coltivazione del kamut si allargò ed ebbe inizio la commercializzazione su larga scala.
Guardando  un chicco di kamut quello che balza agli occhi sono le dimensioni, raggiunge una grandezza di tre volte superiore ai chicchi di grano, non per nulla viene anche chiamato grano gigante. Il suo nome scientifico è Triticum Turgidum, sottospecie Turanicum ma è commercializzato come grano khorasan. E’ bene sapere infatti che solo il cereale prodotto dall’azienda fondata dall’agronomo del Montana Bob Quinn, la Kamut International Ltd, può chiamarsi col nome di kamut. Kamut® è un marchio registrato la cui etimologia deriva dalla parola egiziana ka’ moet, anima della terra. Per essere chiamato tale, deve essere esclusivamente  coltivato nelle pianure del Montana, dell’Alberta, del Saskatchewan, seguendo i rigorosi criteri della agricoltura biologica. Tutto quello prodotto al di fuori della zona stabilità è “semplice” grano khorasan.
Le proprietà. Vien da sé che garantendo una produzione di natura biologica, il kamut è un alimento sano; vanta la varietà di elementi nutrizionali più completa tra i cereali. Tra i minerali, calcio, ferro, magnesio, fosforo, potassio, rame, zinco, sodio e selenio (importante per il metabolismo cellulare). Tra le vitamine invece, oltre ad alcune del gruppo B, spicca la presenza della vitamina E con un apporto superiore del 30% rispetto al grano comune, lo stesso vale per gli aminoacidi che superano di gran lunga quelli contenuti nel grano. Che è un cereale validissimo lo dimostra anche l’elevata digeribilità e il suo contenuto proteico , circa il 17%, e quello dei lipidi. Da sottolineare è il fatto che il kamut non crea sensibilità al 70% delle persone che solitamente sono intolleranti al grano, attenzione però  che rimane bandito per i celiaci in quanto contiene glutine. 100 g di prodotto fornisce 335 kcal.
Detto ciò, passiamo alla ricetta e che kamut sia! J

KAMUT-TO AL MELONE E COZZE


lunedì 4 giugno 2012

Dalla pasta, un fiore: spaghetti integrali con pesto di carciofi e, carciofo


Questa di oggi è una ricetta preparata circa due mesi addietro. Un po’ autunnale, è vero  ma le nuvole, grigie e sgrondanti di pioggia, oggi hanno deciso di attraversare il nostro cielo creando un’atmosfera decisamente scura e fredda.
Ammetto che l’immagine del piatto è un po’ buffa, quel “carciofone” che sembra essere nato dalla pasta è assai bizzarro, forse è scappato dalla portata di contorno? L’idea mi è venuta mentre cucinavo, volevo rendere protagonista quel fiore (sì, una peonia è un’altra cosa) che noi chiamiamo carciofo.
Il carciofo (Cynara Cardunculus) fu importato in Europa dagli arabi nel medioevo. Le due grandi categorie della pianta si dividono in autunnali e primaverili a seconda del periodo di produzione.  L’Italia, con Francia e Spagna, è il paese dove la coltivazione è maggiore. Le varietà sono parecchie,  ciascuna è tipica di una zona diversa e presenta caratteristiche particolari.
Sicuramente chi ha avuto a che fare con i carciofi saprà che alcuni presentano delle spine; di questo genere fanno parte lo Spinoso di Albenga e lo  Spinoso di Sicilia (ottimi crudi), il Veneto di Chioggia (da gustare fritto, bollito o in padella) e il Violetto di Toscana (da consumare trifolato, in umido o stufato).
Tra i non spinosi (più tondeggianti) invece troviamo il Violetto di Catania, che da solo occupa i 2/3 della produzione italiana, il Paestum, al quale è stata riconosciuta l’Indicazione Geografica Tipica e il Romanesco, anch’esso Igp. Tutti da consumare previa cottura, magari farciti.

venerdì 1 giugno 2012

1 giugno 2012



I giugno,
l'aria sempra sospesa, bianca e spessa,
quasi una nebbia.
Senza sole il mondo appare ovvattato,
la gente aspetta, inerme
che cosa?
Senza meta, senza ideali, senza valori, 
ma dove siamo finiti?
Ci siamo nascosti come il sole,
per non vedere. 
Ci adentriamo nell'aria afosa, 
per non reagire.
Respiriamo polvere, 
per inibire i sensi.
Scomparire, morire.
Dove sei andata primavera?